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Margarete architetti
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Margarete

Architettrici in cantiere

Exposition « Charlotte Perriand, de la photographie au design »  Petit Palais  Parigi, 2011

La donna deve obbedire. […] 
Essa è analitica, non sintetica. 
Ha forse mai fatto dell’architettura in tutti questi secoli? Le dica di costruirmi una capanna, non dico un tempio! Non lo può! 
Essa è estranea all’architettura, che è la sintesi di tutte le arti, e ciò è un simbolo del suo destino. 
La mia opinione della sua parte nello Stato è in opposizione ad ogni femminismo. 
Naturalmente essa non dev’essere una schiava, ma se io le concedessi il diritto elettorale, mi si deriderebbe. 
Nel nostro Stato essa non deve contare.

Emil Ludwig, Colloqui con Mussolini, traduzione di Tomaso Gnoli, Mondadori, 2000.

Se Imhotep viene spesso indicato come il primo architetto della storia, ci vorranno almeno duemila anni prima di vedere una donna sul podio.
Pare che la prima laureata in architettura (con un permesso speciale) sia la finlandese Signe Ida Katarina Hornborg (1862-1916) la quale in prima istanza collaborò al Sepänkatu Apartment Building pur potendo progettarne soltanto la facciata, dato che la progettazione di un intero edificio non era considerata cosa da donne.
Negli USA Sophia Hayden (1868-1953) vince il concorso per il Palazzo delle Donne per l’Esposizione Universale di Chicago del 1892-93 ricevendo un premio di 1000/1500 dollari
(le somme elargite ai suoi colleghi maschi anch’essi vincitori erano da tre a dieci volte superiori).

Tra le prime italiane Carla Maria Bassi, nata nel 1906 ed Elvira Luigia Morassi, classe 1903.
A Roma, Annarella Luzzato Gabrielli ed Elena Luzzatto (1900-1983), rispettivamente madre e figlia.
Bizzarro il caso di Attilia Travaglio Vaglieri (1891-1969) che nel 1929 vince il Concorso Internazionale per il Museo greco-romano di Alessandria d’Egitto ma poiché donna non viene insignita del premio in rispetto delle leggi musulmane.

Interessante anche l’aspetto dell’anonimato che circonda molte donne nel mondo dell’architettura.
Si dice che dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna e mai più che in questo caso la frase calza a pennello.
Quanto si sa dei grandi protagonisti del ‘900 e quanto poco delle loro partner?
La prima moglie di  Alvar Aalto, Aino Marsio, entrò in maniera determinante nei suoi progetti influenzando gli interni di Villa Mairea.
Donne silenziose ma determinanti, come Marion Griffin (1871–1961), prima dipendente di Frank Lloyd Wright che contribuì non poco alle idee dello studio, pur non ricavandone alcun riconoscimento.

Donne che invece hanno gridato a gran voce, ma hanno dovuto attendere quasi un secolo per farne risuonare l’eco, vivendo nell’ombra dei geni maschili che affiancavano nel lavoro o nella vita privata.
In proposito Denise Scott Brown racconta nel suo Gender Space Architecture la frustrazione di un  Pritzker Prize assegnato al marito Robert Venturi per i lavori nati dalle fatiche della coppia.
Che dire di Charlotte Perriand e di quanto abbia dovuto attendere il riconoscimento della sua fondamentale presenza nei lavori di Le Corbusier?

Nei decenni la situazione è andata migliorando, fino al cosiddetto “sorpasso rosa” con il quale un esercito di donne ha invaso i banchi e le cattedre delle scuole di architettura.
Il primo Premio Pritzker al femminile a Zaha Hadid è del 2004 e ci sono volute dodici edizioni della Biennale di Architettura per vedere il parere di una voce autorevolmente rosa come quella di Sejima
approdare al Lido veneziano.

Le statistiche dimostrano che oggi le cose sono cambiate, che in Italia le archi donna sono circa il 30% dei professionisti.

Ma nella quotidianità la donna resta legata ad un titolo che è già maschile per definizione e peggiore, ai limiti dell’imbarazzo, nella sua declinazione femminile volutamente storpiata per riordinarla al ruolo di icona sessuale.
E ancora poco conta la sua capacità multitasking, la determinazione negli obiettivi, lo stage quotidiano nel ruolo di figlia, moglie e madre che ne attestano l’attitudine allo stakanovismo.

“Archite’ ” è appellato l’uomo in cantiere… Signora, la donna.

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